Yeast Photo Festival, oltre 20mila visitatori per un progetto culturale diffuso che traina il turismo

Yeast Photo Festival, oltre 20mila visitatori per un progetto culturale diffuso che traina il turismo

3 Dicembre 2025 Off Di Redazione

La quarta edizione di Yeast Photo Festival, intitolata “(N)ever Enough” si è conclusa nei giorni scorsi nel Salento con oltre 20.000 visitatori suddivisi tra i vari appuntamenti culturali disseminati tra Matino, Lecce, Gallipoli, Castrignano de’ Greci, Galatina e Supersano. Appuntamenti che hanno portato la fotografia dentro palazzi storici, frantoi, musei civici e spazi all’aperto, e messo insieme 14 progetti fotografici e 14 autori e autrici provenienti da diversi Paesi, insieme a curatori ed esperti del settore. Un risultato che ha confermato la forza del festival come piattaforma culturale diffusa nel territorio: 6 comuni coinvolti, 9 location, vari talk e dj set, oltre 100 bambini nelle attività didattiche dedicate e un programma capace di intrecciare fotografia contemporanea, comunità e paesaggio.

“La presenza di grandi fotografi internazionali, a partire da Martin Parr, ha dato a questa edizione un respiro ancor più ampio – spiegano i co-direttori Veronica Nicolardi e Flavio&Frank -. Allo stesso tempo, l’aumento delle location nei borghi e nei comuni del Salento conferma la bontà del nostro modello diffuso, capace di portare la fotografia dove le comunità si incontrano. I risultati di quest’anno dimostrano che un festival può essere al tempo stesso strumento di valorizzazione dei territori e catalizzatore di un turismo sostenibile, attento ai luoghi e alle persone che li abitano”.

La quarta edizione di YPF ha ospitato progetti che, attraverso linguaggi e sensibilità differenti, hanno composto un racconto corale sulle contraddizioni del cibo, sulle disuguaglianze, sulla memoria e sulle trasformazioni dei territori. A Matino, a Palazzo marchesale del Tufo, la personale di Martin Parr, “Snack It!”, ha offerto uno sguardo ironico e tagliente sulla società dei consumi, anticipato dalle gigantografie che hanno vestito le mura antiche di Gallipoli.

Accanto a questa irriverenza visiva, “Preservation” di Blake Little ha sospeso i corpi nel miele, trasformando la fotografia in una riflessione sulla fragilità e sulla memoria. Il tema della diaspora è stato affrontato da Hiền Hoàng con “Across the Ocean”, che ha ricostruito, tra performance e ricordi familiari, le tensioni identitarie di chi cresce tra più culture. Con “One Third”, Klaus Pichler ha portato l’attenzione sullo spreco alimentare globale, mentre Ivor Prickettcon “War on the Nile – Fragmented Sudan” ha raccontato una delle crisi umanitarie più rimosse, mostrando come la fame possa ancora essere utilizzata come arma di guerra.

Uno sguardo rigenerativo è arrivato da “I N S C T S” di Umberto Diecinove, dedicato all’allevamento degli insetti come pratica ecologica e politica, mentre “A Natural Order” di Lucas Foglia ha mostrato la vita off-grid delle comunità che scelgono autonomia e autosufficienza. Nel progetto commissionato a Sara Scanderebech, il paesaggio salentino è stato trattato come un archivio di segni da interrogare. Le relazioni tra tecnologia e mondo animale sono state esplorate da Dániel Szalai con “Unleash Your Herd’s Potential”, mentre “The Island Within the Island” di Melissa Carnemolla ha indagato la Sicilia sud-orientale e le sue serre come territorio dove si intrecciano legalità, lavoro e sfruttamento.

La dimensione intima della memoria è emersa in “Ingrediente pentru un tort de miere cu dragoste” di Sara Lepore, un viaggio nelle genealogie familiari nato da un equivoco linguistico. A Galatina “Buone mani” del duo Flavio&Frank ha restituito il gesto artigianale come patrimonio vivente della comunità.

 

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