Aumentano i costi, serre pugliesi spente e piante “in letargo”

Aumentano i costi, serre pugliesi spente e piante “in letargo”

9 Febbraio 2022 0 Di Redazione

Si stanno spegnendo le serre in Puglia a causa del boom dei costi energetici e del carburante con rincari fino al 50%, con i florovivaisti che stanno portando fiori e piante a freddo per mandarle in ‘letargo’, per abbassare gli enormi costi di gestione non compensati dai prezzi di vendita dei fiori. A lanciare l’allarme è la Coldiretti Puglia, proprio in vista di San Valentino la festa degli innamorati, attesa come occasione di rilancio dopo il calo dei consumi provocato dalla pandemia.

“L’insostenibile rincaro dei costi di produzione per i florovivaisti arriva proprio a ridosso di un periodo in cui per molte aziende si realizza oltre il 75% del fatturato annuale, grazie anche ai tanti appassionati dal pollice verde che con l’aprirsi della stagione riempiono di piante e fiori case, balconi e giardini”, denuncia Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.

La scomparsa dei fiori italiani dai mercati rischia peraltro di favorire le importazioni da Paesi stranieri che nel 2021 hanno già fatto registrare un aumento del 20% in valore, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat relativi ai primi dieci mesi dell’anno. Spesso si tratta di prodotti ottenuti dallo sfruttamento come nel caso delle rose dal Kenya per il lavoro sottopagato e senza diritti e i fiori dalla Colombia dove ad essere penalizzate sono le donne.

“L’emergenza energetica si riversa infatti – sottolinea Coldiretti regionale – non solo sui costi di riscaldamento delle serre, ma anche su carburanti per la movimentazione dei macchinari, sui costi delle materie prime, fertilizzanti, vasi e cartoni. Il rincaro dell’energia non risparmia fattori fondamentali di produzione come i fertilizzanti con aumenti che vanno dall’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%) alle torbe con un +20% mentre per gli imballaggi gli incrementi colpiscono dalla plastica per i vasetti (+72%) dei fiori al vetro (+40%) fino alla carta (+31%) per i quali peraltro si allungano anche i tempi di consegna, in qualche caso addirittura quintuplicati. E se in altri settori si cerca di concentrare le operazioni colturali nelle ore di minor costo dell’energia elettrica – rileva Coldiretti regionale – le imprese florovivaistiche non possono interrompere le attività pena la morte delle piante o la mancata fioritura, soprattutto in quelle serre dove era già partito il riscaldamento. Le rose ad esempio hanno bisogno di una temperatura fissa di almeno 15 gradi per fiorire e lo stesso vale per le gerbere, mentre per le orchidee servono almeno 20-22 gradi per fiorire ed in assenza di riscaldamento muoiono. E chi non riesce e far fronte agli aumenti è così costretto a spegnere le serre e cercare di riconvertire la produzione. Il settore florovivaistico in Puglia con il distretto in provincia di Lecce di Taviano e Leverano che si estende anche ai comuni limitrofi di Alliste, Maglie, Melissano, Nardò, Porto Cesareo, Racale e Ugento e quello della provincia di Bari con al centro della produzione e degli scambi Terlizzi, Canosa, Bisceglie, Molfetta, Ruvo di Puglia e Giovinazzo, e altre realtà aziendali sparse nel resto della regione – dice Coldiretti Puglia – ha vissuto un crack senza precedenti nel 2020 a causa dell’emergenza Covid con il crollo degli ordini e il blocco dei mercati esteri ed internazionali con milioni di fiori e piante rimasti invenduti. In provincia di Lecce il settore florovivaistico rappresenta ben il 12,4% della produzione agricola, mentre in provincia di Bari l’agricoltura il settore florovivaistico costituisce il 5,8% del valore della produzione agricola. In realtà, confrontando la distribuzione delle aziende per classi di superficie, si denota che, in termini di dotazione in fattore “terra”, le aziende pugliesi sono mediamente più grandi della media nazionale. Delle 853 aziende floricole il 65% si colloca tra 1 e 5 ha mentre a livello nazionale la stragrande maggioranza delle aziende (58,2%) ha una superficie inferiore ad 1 ettari”.

“Il settore florovivaistico è stato già fra quelli più duramente colpiti dagli effetti economici generati dalla pandemia con un danno di oltre 200 milioni di euro – insiste Muraglia – ma dimostrando una grande capacità di resilienza è anche fra quelli che si stava riprendendo più rapidamente che impone la tutela di un comparto e chiave del Made in Italy agroalimentare con un valore della produzione di fiori e piante che arriva a 300 milioni di euro in Puglia”.

Da qui l’importanza di preferire in un momento difficile per l’economia nazionale le produzioni Made in Italy scegliendo l’acquisto di fiori tricolori,  direttamente dai produttori o da punti vendita che ne garantiscano l’origine, per sostenere le imprese, l’occupazione e il territorio.

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