“Domus Artist Residency_In Residence”: studio visit, aperitivo e talk nella dimora di Domus a Galatina

“Domus Artist Residency_In Residence”: studio visit, aperitivo e talk nella dimora di Domus a Galatina

25 Febbraio 2023 0 Di Redazione

Domenica 26 febbraio ritornano gli studio visit di Domus Artist Residency. Alle ore 18, le porte dell’Associazione Domus, in Arco Cadura 15, a Galatina si aprono al pubblico per accogliere la comunità di appassionati, artisti, cittadini ed operatori culturali.

Sono le residenze mensili del progetto “Domus Artist Residency_In Residence” (www.domus-artistresidency.com), che fino al prossimo giugno accolgono artisti dal mondo, nella dimora storica di Galatina, sede dell’associazione, un crocevia di scambi e stimoli in cui la comunità incontra progetti d’arte, cura e mobilità di artisti emergenti.

I partecipanti alle residenze, selezionati ogni mese attraverso una call pubblica internazionale, arrivano a Galatina a lavorare per un periodo di un mese negli spazi della dimora storica sede dell’Associazione e a contatto con il territorio, ad un progetto in linea con le tematiche di ricerca di Domus Artist Residency.

Fondata  da Romina De Novellis nel 2019 e interamente dedicata al Mediterraneo, Domus si caratterizza per un approccio trasversale, inclusivo ed eco-femminista alle questioni di genere, all’ambiente e ai flussi migratori.

La residenza utilizza i suoi spazi come luogo di condivisione, creazione di processi e dialogo, con la partecipazione di ospiti e partner internazionali. La Puglia e il suo territorio, nel cuore del Mediterraneo, rappresentano un campo di osservazione rilevante per analizzare le relazioni di cura e potere sotto il prisma della vulnerabilità umana e dell’ecologia.

Questo mese Domus ha accolto le vite ed il lavoro delle tre artiste internazionali Eugenia Bracony (Argentina),Nati Krawtz (Polonia) e Magdalena Hlawacz (Polonia), che presenteranno parte delle loro ricerche condotte di recente con installazioni site specific tra differenti materiali e modalità espressive.

Eugenia Bracony (Argentina)

“only what I think exists

it appropriates me, it expands and grows”

Un “vuoto” tutt’altro che incorporeo è quello che indaga ed esplora Eugenia con l’argilla. “Sono un artista della ceramica che lavora prevalentemente con l’argilla per esprimere concetti di vuoto attraverso oggetti, strutture e installazioni. Lo spazio che occupa lo spazio vuoto, è un problema intrinseco della ceramica che mi ha interessato ultimamente. Avendo lavorato per molti anni su oggetti funzionali, a un certo punto mi sono resa conto che senza il vuoto gli oggetti funzionali non potevano esistere. Sono stato subito attratto dalle possibilità metaforiche di questa condizione, che, di conseguenza, ha portato a un gruppo di opere non funzionali”. Gli oggetti con cui lavora Eugenia sono realizzati attraverso la costruzione a spirale, il metodo utilizzato per secoli nelle ceramiche tradizionali nel nord dell’Argentina e nel resto dell’America Latina. Questa tecnica millenaria consente tutti i tipi di forme. Il processo di avvolgimento mostra molto chiaramente come l’oggetto influisca sullo spazio e come lo spazio vuoto sia parte attiva del risultato finale. Queste strutture sono costituite da moduli che si espandono per creare un motivo. Lo spazio vuoto necessario per creare questo tipo di tessuto è la forza stessa che mette in mostra la fragilità di questi pezzi. Tutte queste opere sembrano esprimere che il vuoto, per quanto inafferrabile, è tutt’altro che incorporeo. “Manifestare gli aspetti irraggiungibili e irriducibili dello spazio insieme alla fragilità dei materiali e al potere dell’intangibile sono alcuni degli argomenti attorno ai quali ruota il mio lavoro. In questo senso, sono convinta che l’argilla, in tutte le sue possibili forme, sia una fonte inesauribile di ispirazione per la produzione poetica”. Attualmente vive nella città di Buenos Aires e insegna presso l’Istituto di Ceramica di Avellaneda nel dipartimento di Tecnologia dei Materiali Ceramici e ceramica.

 

my bed unmade
my nightstand
a book, my notebook
I see the trace of my movement on the sheets
the pillow with the gesture/imprint of my body/face or head
my/me being there,
quiet
I vibrate
my thoughts are crowded, ordered and disordered
the mud takes shape
my universe drips and appears all around me
the rest disappears/dissolve
loses contour/shape
forms without focus/shapeless
without sharpness
muffled sounds reach me
submerged in water
only what I think exists
it appropriates me, it expands and grows
(un componimento poetico di Eugenia Bracony)

 

Nati Krawtz (Polonia)
Il suo è un universo fatto d’acqua. Ispirata dalle idee delle blue humanities, sta sviluppando la sua pratica di performance acquatiche e conducendo ricerche su artiste legate alla scena artistica postbellica di Los Angeles. Lake of the Mind: the Story of Susan Kaiser Vogel è un progetto di ricerca che punta i riflettori, in primo luogo, su un’artista donna che è stata esclusa dall’arte e in secondo luogo sulle donne nell’arte in generale. L’obiettivo è produrre un documentario basato su registrazioni video, scansioni e foto raccolte nello studio dell’artista. I media digitali e le testimonianze orali costituiscono la spina dorsale di questo progetto, con quest’ultima particolarmente importante nella costruzione di narrazioni nuove e più inclusive per quelle voci omesse dalla storia ufficiale. La ricerca di Nati incorpora anche le sue prospettive personali che si legano alle blue humanities e alle teorie idro-femministe. Da questo punto di vista acquoso, possiamo comprendere la realtà come una sostanza fluida, relativamente informe, che prende forma dalle limitazioni che le imponiamo. Artista, ricercatrice, curatrice e nuotatrice, ha svolto la sua tesi di dottorato su The Light and Space Movement presso l’Università di Breslavia. Docente presso l’Università di Opole e l’Accademia d’Arte. E Design a Breslavia. Ha curato numerose mostre, tra cui Overabundance. Gli inizi dell’arte ecologicamente impegnata in Polonia alla Galleria d’Arte Contemporanea di Opole.

 

Magdalena Hlawacz (Polonia)

Nei giorni più freddi di questo inverno salentino, l’artista ha fatto esperienza di un clima insolito per la sua idea di Sud Italia, perennemente soleggiato e caldo, ha avvertito infatti l’impatto con le basse temperature: “Ho spostato l’attenzione sull’esperienza del calore, cercando modi per assorbirlo, accumularlo e spenderlo in modo appropriato”. Decine di disegni che Magdalena ha realizzato qui saranno utilizzati nel libro d’arte “Warming Up” e presentati come installazione multimediale a Galatina, domenica. “Il progetto SIESTA si basa sul mio precedente lavoro artistico in cui ho esplorato i disturbi del sonno. Ho diretto la prima parte in Islanda e ora sto lavorando alla seconda parte in Italia. I regimi del sonno fanno parte delle pratiche disciplinari imposte ai nostri corpi. Il sonno è una tecnica corporea tacita e intrinseca. C’è un ritmo e richiede tempo. Il sonno interrotto può avere un impatto negativo sul corpo. Quindi, il sonno, il corpo e il tempo sono intrecciati”. Magdalena nelle sue attività artistiche si concentra sull’esplorazione del potenziale di rallentamento del ritmo del lavoro e della vita, i vincoli nascosti e le compulsioni che ci tolgono questa libertà, ma anche i valori in base ai quali ci è permesso vivere lentamente. Esplora la tirannia ipermoderna del momento, l’assurda razionalizzazione del lavoro e delle nostre azioni in generale, la compressione del tempo e l’accelerazione sociale che definiscono le nostre vite.

 

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