
“Non criminalizziamo, costruiamo insieme un futuro diverso per i nostri ragazzi”
19 Aprile 2025La recente notizia delle violenze subite da un giovane concittadino a Galatina ha scosso profondamente la nostra comunità. Un episodio grave, inaccettabile, che ci pone di fronte a una realtà complessa e dolorosa. Al di là dell’indignazione, sacrosanta e comprensibile, è fondamentale però non cadere nella trappola della criminalizzazione e del facile giudizio.
La situazione di questi ragazzi, spesso protagonisti di tali episodi, affonda le radici in storie familiari difficili, in una solitudine che li spinge a cercare rifugio e identità in gruppi esterni, dove purtroppo la violenza può facilmente degenerare. Non possiamo ignorare il ruolo cruciale che le famiglie, a volte assenti o fragili, giocano in questo contesto.
È encomiabile l’impegno profuso dalle tante associazioni di Galatina, dagli enti educativi e dalla scuola stessa, che quotidianamente mettono in campo azioni concrete per la tutela dei minori, promuovendo progetti di sensibilizzazione contro il bullismo e a favore della gentilezza. Tuttavia, questo prezioso lavoro rischia di essere vanificato se, al di fuori di questi contesti protetti, i ragazzi si ritrovano soli, senza un adeguato supporto sociale e affettivo. L’aggregazione in gruppi può allora trasformarsi in un terreno fertile per comportamenti devianti e violenti.
Di fronte a questa emergenza sociale, l’invito è chiaro: non criminalizziamo questi ragazzi, non erigiamoli a capri espiatori. La gogna mediatica e i commenti feroci sui social media non solo non risolvono il problema, ma rischiano di esacerbare ulteriormente la situazione, spingendo questi giovani verso un isolamento ancora maggiore e una spirale di negatività.
È il momento di unire le forze, di andare oltre la sterile condanna e di chiederci, individualmente e collettivamente, cosa possiamo fare di più. Ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare la differenza. Un gesto di attenzione, un’opportunità di ascolto, un’offerta di un ambiente sano e inclusivo possono rappresentare un’ancora di salvezza per questi ragazzi.
Non dimentichiamo che Galatina è una città viva e positiva, dove la stragrande maggioranza dei giovani partecipa con entusiasmo e rispetto alle iniziative che vengono organizzate. Non lasciamoci ingannare da una narrazione distorta e brutale che emerge sui social media. I ragazzi coinvolti in episodi di violenza sono una minoranza, seppur una minoranza che non possiamo e non dobbiamo ignorare.
Deponiamo le “armi” virtuali dell’odio e del giudizio sommario. Rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo insieme per costruire una rete di supporto solida e coesa. Solo attraverso un impegno collettivo, che coinvolga famiglie, istituzioni, associazioni e ogni singolo cittadino, potremo offrire a questi ragazzi un futuro diverso, un futuro in cui la socializzazione pacifica e il rispetto reciproco siano i pilastri della nostra comunità. Non criminalizziamo, educhiamo, includiamo, costruiamo. Questo è il vero compito che ci attende.
Anch’io faccio parte di quel tessuto di persone che quotidianamente interagiscono con questi ragazzi di Galatina, e la mia esperienza diretta mi dice che l’immagine di “baby gang” violenta e irrecuperabile che a volte emerge non corrisponde alla realtà individuale di ciascuno di loro. Li conosco, li ascolto, ci lavoro insieme, e posso assicurarvi che, tolti dal contesto del gruppo e dalle dinamiche esterne, si rivelano spesso individui capaci di ragionamento, con fragilità e insicurezze che cercano, a volte nel modo sbagliato, di colmare.
Il punto cruciale, a mio avviso, risiede proprio in quel “fuori” dalle mura protettive delle scuole, delle associazioni, di quegli spazi dove noi adulti cerchiamo di offrire loro un contenitore e delle alternative positive. È lì, in quel vuoto di opportunità e di presenze significative, che la rabbia e l’insoddisfazione, magari covate a lungo a causa di storie familiari difficili o di un senso di abbandono, trovano un terreno fertile per esplodere. Il gruppo, in questo scenario, diventa un surrogato di famiglia, un luogo dove sentirsi accettati e potenti, anche se attraverso dinamiche distruttive.
Per questo insisto sulla necessità di un impegno molto più profondo e continuativo. Non basta organizzare attività sporadiche o progetti a termine. Serve una presenza costante, un investimento di tempo reale per “fare cose insieme” a loro. Questo significa condividere esperienze, interessi, passioni, creare un legame che vada oltre il ruolo educativo formale. Significa esserci quando non ci sono attività strutturate, quando la solitudine rischia di sopraffarli.
Dobbiamo moltiplicare le occasioni di incontro informali, creare spazi aperti e accoglienti dove possano sentirsi ascoltati senza giudizio, dove possano esprimere le loro frustrazioni in un ambiente sicuro. Dobbiamo offrire loro modelli adulti positivi, figure di riferimento stabili che dimostrino interesse genuino per il loro benessere.
Non si tratta di giustificare la violenza, che resta inaccettabile, ma di comprenderne le radici per poterla affrontare in modo efficace. Criminalizzare e isolare questi ragazzi non farà altro che alimentare il loro senso di esclusione e rafforzare i legami negativi all’interno del gruppo. Invece, investire tempo ed energie per costruire relazioni significative può rappresentare un’alternativa concreta, un modo per mostrare loro che esiste un altro modo di stare insieme, basato sul rispetto, sulla collaborazione e sul riconoscimento del valore di ciascuno. Solo così potremo davvero sperare di calmare quella rabbia e quell’insoddisfazione che oggi li spingono verso comportamenti autodistruttivi e dannosi per l’intera comunità.
Andrea Coccioli
Vice presidente Pro Loco Galatina