Palazzo Congedo a Galatina, un gioiello da scoprire con i suoi segreti

Palazzo Congedo a Galatina, un gioiello da scoprire con i suoi segreti

17 Aprile 2021 0 Di Redazione

Il centro storico di Galatina non finisce mai di stupire e meravigliare. Durante i lavori di ristrutturazione del palazzo Agricoli–Congedo, oggi di proprietà Percuoco, sono uscite tracce incredibili che vi riassumo brevemente nell’articolo. Il palazzo era di proprietà del celebre vescovo di Otranto che nel 1480 venne trucidato dai Turchi, che non era Stefano Pendinelli, come ricordato in molti libri, ma il galatinese Stefano Agricoli.

Infatti, uno storico locale, Arcudi, ricordava nei suoi scritti che sulla facciata del palazzo di Galatina, in via Orazio Congedo n. 29, si vedeva ancora una mitra vescovile scolpita sul fronte. Il palazzo passò poi ai Robertini e da questi ai Lubelli.

Il passaggio tra i Robertini e i Lubelli avviene nel 1702 per 2000 ducati. Alla fine del XVIII secolo passa ai Congedo, una famiglia che in quell’epoca si era ritagliato un posto importante in società, tanto che la strada prende il nome da uno di essi oggi, un tempo la strada era quella di S. Andrea per una chiesa dedicata al santo, oggi sostituita nel culto da S. Rita da Cascia. Fu probabilmente Giuseppe Congedo, su disegno di Emanuele Orfano, e mastro Casciaro, a ricostruire il palazzo come lo vediamo oggi, lasciando inalterata la facciata, col portale risalente ai primi del settecento e le finestre ancora oggi cinquecentesche.

Il lungo androne dell’edificio sbuca in un atrio dalla spazialità perfettamente simmetrica: un quadrato al primo piano circondato da un balcone, portale poi sormontato dall’arma dei Congedo, perfettamente in asse; notevole la scala a doppia rampa che ci porta al piano nobile dove scopriamo le prime sorprese. Due dipinti che riprendono due scimmie rarissime, il Papione ed il Patasso, legate ad alcuni scritti xenofobi e razzisti di Cesare Lombroso sulla differenza tra bianchi e neri. Lombroso, esponente del Positivismo scientifico, è stato uno dei pionieri degli studi sulla criminalità, fondando l’antropologia criminale. Il pensiero di Lombroso si può riassumere genericamente in una sua famosa frase: ”Il criminale è un essere atavistico che riproduce sulla propria persona i feroci istinti dell’umanità primitiva e degli animali inferiori“.

Nel 1876, Lombroso divulgò la propria teoria antropologica della delinquenza e misurò la forma e la dimensione dei crani di molti briganti uccisi e portati dal Meridione d’Italia in Piemonte, concludendone che i tratti atavici presenti riportavano indietro all’uomo primitivo. Di fatto il suo lavoro nella prima metà del XX secolo venne strumentalizzato nel contesto dell’eugenetica e da certe forme di “razzismo scientifico”. Lombroso sostenne sempre con forza la necessità dell’inserimento della pena capitale all’interno dell’ordinamento italiano. Riteneva, infatti, che se il criminale era tale per la sua conformazione fisica, non fosse possibile alcuna forma di riabilitazione, individuando in tal modo l’obiettivo cui il sistema penale doveva tendere per la sicurezza della società. Dopo la morte di Cesare Lombroso, il suo corpo fu sottoposto ad autopsia. In base ai risultati di essa, si disse che Lombroso sarebbe stato da ritenere, secondo le sue stesse teorie, ”affetto da cretinismo perpetuo“.

Tornando alle due scimmie raffigurate, entrambe sono presenti anche nel famoso ”Il Milione” di Marco Polo con scritti fantastici dei suoi viaggi in oriente, che hanno acceso la fantasia e fatto nascere tante storie incredibili di luoghi, cose ed animali. Il ritratto delle due scimmie era ricoperto da una spessa coltre di calce bianca che ne impediva la vista. Poco più avanti, in asse con l’ingresso della casa, ma sopra le finestre che affacciano sulla corte interna, due scritte in latino hanno fatto capolino, anche loro da sotto la calce ed hanno sentenziato che: “La Fortuna è uno dei suoi piatti”, l’altra ”Ad Ovest tutta la fortuna”, forse un’indicazione di qualche tesoro nascosto nella casa. Infatti, Giuseppe Congedo ricchissimo proprietario dello stabile, scomparve nel 1816, lasciando una enorme eredità stimata in ben 62.000 ducati. Dell’eredità naturalmente, oltre il palazzo che venne diviso tra i figli, vi erano anche diverse masserie, tra cui la masseria Antisani a Galatina e quella chiamata Li Paladini a Leverano. Ricchissima la libreria che toccò a Don Orazio con opere di Briganti, opuscoli del Calogerà, opere postume del Giannone, le ”Vite” del Papadia, la ”Storia” del Tiraboschi, opere di Voltaire, il vocabolario dell’Accademia della Crusca e moltissime edizioni di contenuto giuridico. In questa casa, grondante storia, proprio all’interno della biblioteca del palazzo, l’avvocato e patriota Orazio, aprì nel 1866 il testamento del fratello Gaetano che lasciava, a quello che era una volta il comune di Noha, l’orologio pubblico che fece condurre nella piazza principale del paese. L’orologio dei fratelli Congedo, ancora oggi troneggia in piazza S. Michele.

Raimondo Rodia

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